La Prima

28 01 2012

Quale migliore occasione per scrivere se non dopo aver preso parte al Bello?!? Questa sera sono stata con una mia amica alla prima serata -dedicata al giorno della memoria- della stagione sinfonica del Teatro Comunale di Bologna, esperienza indimenticabile. Mi piacerebbe aver studiato al conservatorio per essere i grado di ascoltare in modo approfondito ogni passaggio e coglierne con dovizia ogni particolare tecnico.

Quando ho visto salire sul palchetto Noam Sheriff, ho visto l’orchestra in silenzio, l’aura che si è creata attorno al direttore, e ho capito cosa intendeva dire John Cage nel suo 4:33 : il silenzio è la vera essenza dell’orchestra, lì si coglie il microcosmo che si instaura e si instilla. La musica è un accessorio. Certo che è un accessorio costruito bene, ce ne fossero di accessori così!
E’ incredibile la varietà di gesti del direttore, chissà quali sono le forme mentali che abitano la sua musica, o meglio la sua rappresentazione di musica. E’ stabile, centrato, ma anche comunicativo e proteso verso l’orchestra.
Anche il pubblico è un microcosmo, ma certo non è possibile staccare gli occhi dagli strumentisti, ognuno con le sue peculiarità, ognuno con la sua musicalità, col suo mondo, coi suoi suoni. Tutti insieme, disgiunti e contemporanei in quell’unione di intenti chiamata orchestra.
C’è il primo violino, alto, magro, la parola migliore per descriverlo è: interezza (serve una parola con una i e qualche e, senza vocali aperte al centro). Suono pulito, coerente, deciso, con personalità.
C’è il violinista in seconda fila, energico, talento incredibile, forse esprimibile ancora meglio diminuendo la lieve rigidità nell’esecuzione.
In centro il violoncellista giovane, ragazzo che canta la musica che suona. Tenero, dolce.
E poi le viole, i contrabbassi, che segnano il tempo, fondamentali e vera “colonna portante” nella prima composizione di Noam Sheriff.
Dietro i fiati, gli ottoni, speciali, e le percussioni, anche loro fautrici del tempo che cambia continuamente, coi suoi accenti e le sue danze.

Nella seconda esecuzione (Kol Nidre, di Shoenberg) entrano la voce recitante, e il coro, decine di elementi posizionati in modo perfetto, tale da rendere armonicamente ricco ogni passaggio.
Mi accorgo definitivamente (forse è la posizione, sono seduta abbastanza avanti quasi centralmente) che il legno -direi ciliegio- che ricopre le pareti del teatro è perfetto per rendere tangibile ogni nota timbrica delle voci, che sembrano con le loro curve penetrarne i pori, mentre rende sicuramente caldo il suono orchestrale, ma forse ne chiude un po’ gli armonici; certo risaltano i medi, cuore e baricentro sonoro.

Arriva il momento della sinfonia: la mia prima sinfonia a teatro, è la prima sinfonia in re maggiore di Gustav Mahler. Maestosa, splendida, emozionante. Alla fine del primo movimento, abitato da atmosfere gioiose, poi angosciate, poi di attesa, qualcuno applaude, ma fortunatamente viene zittito prima che la cascata dell’evento “applauso” si completi. Inizia il secondo movimento, all’interno del quale cambia qualche accento ritmico, che crea sospensioni sonore, in alcuni casi si deve attendere qualche microsecondo per udire gli archi dopo le percussioni, qualche volta avviene il contrario. E’ come una danza, calda e avvolgente.
Poi il terzo, timpano (esegue due note alternate) e contrabbasso solista. Trasposizione in tonalità minore di fra martino (forse è un re minore, ma non ne sono certa), tono sommesso. Penso a quale universo-mondo è possibile rappresentare attraverso “fra martino”, penso a come è possibile ampliare la sfera semantica e la ricchezza simbolica ed eventuale di ogni aspetto dell’esistenza. Poi il cambiamento: sembra una nuova primavera, accomodante e rasserenante, ed ancora: il tempo, la dinamica, “l’arrangiamento” shiftano verso il klezmer, e poi verso armonie dell’est europeo.
Si chiude col quarto movimento, maestoso, fortissimo, stupefacente. Si continua così, pur con qualche ritorno a qualche armonia più “primordiale”, naturale. La fine è nuovamente maestosa, quasi Beethoveniana (d’altronde si ascolta una sinfonia e come si fa a non evocare Beethoven?), il compositore sembra quasi volersi ingraziare il pubblico, lo chiama, lo invoca e lo fa tendere a sé, incitando gli applausi finali. Si alzano gli ottoni sul finire della sinfonia, per completare la maestosità dell’opera.

E infatti non fa in tempo a finire questo capolavoro, neanche un respiro che lasci decantare l’emozione, il sentire, e iniziano gli applausi scroscianti. Qualche “Bravo!” al direttore, io dico “Bravi!” perché tutti hanno fatto parte di quel mondo, tutti i musicisti l’hanno composto e l’hanno unificato, mi asciugo una lacrima e riprendo ad applaudire. Ancora applausi, non saprei dire per quanto tempo, ma non è importante, il presente di quel luogo è diverso da un qualunque altro presente in città. Il direttore esce e rientra almeno quattro volte, ringrazia, è calmo e grato, accogliente. Speriamo nel bis, ma non viene eseguito. Il direttore chiama a sé il primo violino, escono seguiti da tutti gli altri, finisce la prima serata sinfonica del Teatro Comunale di Bologna. Vorrei aspettare che escano tutti per godermi il nuovo presente del teatro, cambiato per sempre da quei suoni, ma esco con la mia amica, mi sembra tutto concitato, il presente è tornato contratto, è nuovamente necessario intel-leggere il vissuto nelle increspature che il quotidiano lascia libere. E penso “grazie perché esisto”.





La strana storia del Julian Day, un martedì (piovoso?) che ha cambiato il mondo

22 09 2009

bug

Di Salazar

Sono fuori tema, ma proprio fuori di tanto, lo so, e a volte anche fuori di testa – solo a volte – ed è ben per questo che mi è venuta voglia di scrivere e così ho scritto e mandato, senza pensarci su. Cosa da sempre – pensare – estremamente faticosa. Quindi, ti chiedo scusa, cara Sara, per questo mio sopruso e invoco qualche chilogrammo di perdono.
[N.d.R.] Questa sopra è nota di pie pagina scritta subito all’inizio, per guadagnare tempo.

Il Julian Day è, è stato, il primo gennaio 4713 avanti Cristo.
Giusto per saperlo, nel caso a qualcuno venga un dubbio, una domanda, un pensiero e non riesca a dormirci su: era un martedì.
All’altra domanda, purtroppo, non so rispondere: non lo so mica se pioveva.
Non so neanche cosa abbia fatto di tanto eclatante il Signor Giuliano in quel giorno da essere ancora ricordato – dopo 6722 anni – nei computer di tutto il mondo.
Si, computer, perché questo misterioso giorno del Signor Giuliano non è altro che un sistema di conversione fra calendari usato in diversi codici di scrittura computeristica: forse anche il calendarietto qui di fianco funziona tampinando il Signor Giouliano.
La cosa è cosa facile facile: il sistema Giulian Day conta tutti i giorni passati a partire da quel famoso (forse piovoso) martedì, che sono ben 2.455.096, e il conteggio serve da griglia di riferimento per tutti i calendari conosciuti o meno.
Un esempio: il 1800, che il milleottocento è stato un anno importante: un certo Thomas Gryll in quell’anno ha inventato il rubinetto. Senza il 1800 saremo tutti un pochino più sporchetti.
E allora, basta digitare la formuletta magica $jd=GregorianToJD(1,1,1800) e subito sappiamo che mercoledì 1 Gennaio 1800 in Francia era il 4 Nevoso dell’anno 8; eppoi che, se Israele fosse esistito in quell’anno, lì sarebbe stato il 4 Tevet del 5560; un anno molto in là, ma perlomeno non pioveva: su Israele che ancora non esiste nel 1800 non ci piove, quindi c’era il sole.

Perché tutta questa tirata con il Signor Giuliano, con forse piove e forse no e con formulette da moderno alchimista? Perché passando in un gruppo di discussione di Wikipedia ho scoperto che al conteggio del Signor Giuliano manca un giorno.
Che c’è un errore, un bug, un qualcosa e manca un giorno, tutto un intero giorno in soli 6722 anni. Oibò, ma vi rendete conto: all’umanità intera è mancato un giorno!
Che poi uno va a pensare quando è mancato ‘sto benedetto giorno. È successo ieri o tanto tempo fa? Da buon egoista penso: ero vivo o neanche un pensierino?, perché la cosa è ben diversa dal mio punto di vista, che è quello più importante.
Ma forse sono pessimista, forse è mancato proprio quel mercoledì giorno numero due nell’età paleoqualcosa, nulla di importante. O forse é stato quando Cristoforo Colombo scriveva alla zia Isabella di Castiglia, tronfio e giubilante, dicendo che nel Mare Oceano ha visto un drago con gli occhi cerulei e la maglietta della Sampdoria?, ancora nulla di importante per me.
E se invece fosse stato il mio primo giorno di scuola?, cosa ben più grave? No, non era quello, quello lo ricordo bene: mi sono nascosto dentro all’armadio per non andarci, a scuola, ma mi hanno trovato quasi subito: per colpa di un armadio troppo piccolo sono stato obbligato a sapere che la ‘a’ di ‘ape’ funziona anche per la ‘a’ in mezzo a ‘elefante’, malgrado la sconcertante differenza di peso.

Poi il pensiero evolve, poi uno approda alle fantasie, ai se, ai ma, ai dubbi. La stessa cosa di quando ci si chiede, interdetti, se c’é qualcosa di sessuale nel mettere i wafer dentro al congelatore per far indurire il cioccolato.
E allora si pensa: e se lo potessi scegliere io il giorno mancante, quale sceglierei?, dubbio pelosissimo!, un giorno, uno solo in una vita, da tagliare senza pietà.
Un pensatore ordinato dividerebbe subito in categorie: in amore e soldi, e i soldi in soldi dati e soldi presi, e l’amore in bionde e brune e vie di mezzo, per le donne viceversa. Ma quest’ultima divisione più che l’amore ricorda il sesso del cioccolato nel congelatore.
E ancora: uno tipo vendicativo taglierebbe il giorno in cui quella cogliona della zia Mafalda ha vinto la lotteria. Uno comunista il giorno dell’operazione alla prostata di Berlusconi. Uno… Bah, io non lo so mica che giorno taglierei. E voi?





Primo Maggio

1 05 2009

primo-maggio2

Buongiorno! Oggi -mi dicono- è la festa dei lavoratori. Ora, io non ho capito se è la festa dei regolari a tempo indeterminato, determinato o determinatissimo, dei lavoratori in nero, di quelli che firmano il foglio bianco per essere licenziati a piacere, di quelli in cassa integrazione o appena licenziati, dei cococo o dei cocopro, dei libero-professionisti, dei manager o degli operai, di quelli che lavorano in cantiere e non hanno voglia di mettersi il caschetto, o di quelli a cui il caschetto non lo fanno mettere.

Non ho capito se è la festa di quelli che sono in ferie o di quelli che oggi lavorano lostesso.

Non ho capito se è dei lavoratori le cui fabbriche non hanno buoni sistemi antincendio o degli altri, se è la festa dei fancazzisti o degli stakanovisti, se è la festa degli onesti o degli arrivisti.

Probabilmente sono inclusi tutti, quindi un buon primo maggio ai lavoratori!

(E buona grigliata o buon pic nic, non mi dite che starete davanti alla tv a guardare i discorsi dei sindacalisti! 😉 )





25 Aprile

25 04 2009

vauro25aprile

Un buon 25 aprile a tutti! Fascisti esclusi.




Un altro sforzo

29 01 2009

spirale_400

Oggi facciamo uno sforzo in più. Ieri abbiamo ricordato, oggi cerchiamo di fare qualche collegamento.

Berlusconi si sta lamentando per le intercettazioni massive (e probabilmente è un falso). Guardacaso non era dello stesso parere quando era emerso il dossier telecom illegale dell’amico Tronchetti Provera o quando era alla ribalta lo scandalo Telekom Serbia in cui era coinvolto Prodi (era una bufala, che ha dato modo a Pollari di accumulare 100 curriculum-punti).

Nel frattempo si è scoperto che Berlusconi ha depenalizzato il colpo di stato. Si, avete capito bene. E’ l’articolo 283 quello in questione. Leggendolo sembra che “pena non inferiore ai cinque anni” sia una pena grave. Ma cosa diceva il vecchio articolo 283?

Vecchio Art 283: Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.

Nuovo Art 283: Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

In pratica nella nuova forma si parla solo di atti violenti (la lobotomizzazione da tv non è inclusa negli atti violenti), e la pena è ridotta da 12 a 5 anni.

Non vi ricorda qualcosa? Fattoria degli animali, maiali truffatori, pecore sempre pronte a cambiare ricordi…Grande indignazione il 27 gennaio e poi tutto come al solito…

Adesso il nostro vuole anche proporre una legge che limita la libertà d’espressione su internet. Non si capisce per quale motivo repubblica ha titolato “contro i pirati”, dato che poi si evince che il problema non sono solo i “pirati”, che pubblicano su youtube video di mediaset (ma guarda, c’era un argomento ormai obsoleto che creava tanto scalpore…Il conflitto d’interessi), ma anche altri contenuti. Da certi passaggi si capisce proprio che vorrebbero che il governo ottenga piena libertà di fare ciò che vuole.

Embè direte voi, dove sta il collegamento trasversale? Dai su, la memoria non può essere schizofrenica se no è tolto lo scopo!

Questo articoletto l’ho scritto per quelli che “Mussolini ha fatto anche tante cose buone che hanno fatto vivere meglio”.

L’ho scritto per quelli che “Il più grande errore di Mussolini è stato quello di allearsi con Hitler (quello psicopatico), prima andava tutto bene”.

L’ho scritto per quelli che “Com’è andato al governo Mussolini?” “…Mmmhhh…Non lo so”

L’ho scritto per quelli che “Te lo dico io se non ti ricordi, Mussolini ha fatto un colpo di stato a più riprese” “Eh vabbè ma come in tutte le dittature”.

L’ho scritto per quelli che “Però non parlano mai dei regimi comunisti perchè hanno fatto danni anche loro”.

Per quelli che hanno rotto le balle.

E non dite che sono mie ipotesi strampalate, perchè ho sentito questi discorsi stamattina. E non ho saputo replicare dopo la quarta frase.





La memoria è schizofrenica

27 01 2009

memoria-schizofrenica

A me i giorni della memoria danno un pò da fare.

Un pò perchè non me li ricordo, faccio fatica anche con alcuni compleanni, e quindi accorgermi dagli altri blog dei giorni della memoria mi fa sentire un pò svampita. Un pò perchè è una cosa così asettica, così pilotata, così recintata dal punto di vista del palinsesto narrativo-emozionale che mi spaventa, non mi sembra naturale e non so come muovermi.

Oggi ho visto un documentario su rai3, Carlo Lucarelli ha detto una frase che tra le altre mi ha colpito “un pò tutti provano orrore per quel che è successo, ma bisogna capire le motivazioni politiche e sociali che hanno permesso tutto questo per non fermarsi all’orrore ma andare oltre”.

Questo è esattamente il motivo per cui detesto i giorni della memoria. Perchè a scuola quando obiettiamo che studiare storia è inutile (in realtà sappiamo perfettamente che è utile ma sappiamo anche che giocare e farci i cavoli nostri è un’attività ben più appagante) ci dicono “studiare il passato aiuta a capire il presente e insegna a non commettere gli stessi errori”. A parte che non è una frase così convincente dato che non so di un boom di ragazzini appassionati della storia, e poi il problema è proprio questo: con tutti gli errori fatti dalle società/civiltà passate dovremmo praticamente vivere in un’epoca perfetta se avessimo imparato dal passato. E invece a quanto pare non è così.

E qual è il problema? Il problema è che la memoria è schizofrenica, e i giorni della memoria alimentano la schizofrenia. Io lo so che c’è pieno di gente che oggi dà degli psicopatici bastardi e qualsiasi altro insulto ai nazisti e ieri sera aveva detto “comunque io sti clandestini gli bucherei i gommoni”, e non dite che è una mia strampalata ipotesi perchè vi sto parlando di miei conoscenti con cui vivo tutti i giorni. Io lo so che c’è gente che rinnega il nazismo, che dice che è stato orribile e che poi va in giro con fazzoletti verdi. Io provo rabbia non solo per quel che è successo all’epoca, ma anche perchè non si capisce che tra il dire e ripetere continuamente “a me i clandestini hanno rotto i coglioni”, “io gli bucherei i gommoni”, “sti rompicoglioni stessero a casa loro, gli faccio vedere io” e tra il nazismo non sono molti i passi da percorrere. Io provo rabbia perchè se all’epoca non ci fossero stati professori scienziati d’accordo con l’idea della razza, se non ci fossero stati studenti contenti quando qualche loro professore ebreo veniva cacciato forse questo scempio non avrebbe avuto dimensioni così catastrofiche.

Io provo rabbia perchè la memoria è schizofrenica, perchè si grida allo scandalo del nazismo ma si fanno le stesse cose adesso. Evidentemente non abbiamo un cervello in grado di fare un collegamento trasversale.

Io provo rabbia perchè sui libri di medicina in qualunque epidemiologia di qualunque malattia si parla di razza (la razza africana, la razza europea…).

Io provo rabbia perchè la nostra costituzione non permette queste affermazioni che si sentono ridondanti tutti i giorni, urlate e sputate da gente che pretende di aver ragione.

Io provo rabbia perchè appena si vede un nero “è un clandestino”, e invece magari è cresciuto qui e lavora talis et qualis agli autoctoni.

Io provo rabbia perchè si uccide per dei biscotti rubati un cittadino italiano come noi.

Io provo rabbia perchè nonostante l’articolo 32 della Costituzione che parla di cure per tutti gli individui, non per i cittadini, gli immigrati non godono dei diritti che avrebbero.

Io provo rabbia perchè devo continuare a dire queste cose in silenzio, perchè sono stufa di discutere inutilmente, sono stufa di innaffiare la polvere.

Io provo rabbia perchè la mia massima di stamattina verso mezzogiorno (quando ancora non ricordavo che oggi era il giorno della memoria) è “meglio che uno sputa-sentenze pensi di avere ragione piuttosto che permettergli di rompermi i coglioni”.

Io provo rabbia perchè i giorni della memoria sono i giorni della rassegnazione.